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01 April, 2012

TERRAFERMA E IL BLU PROFONDO

Ricorda una poesia di Giorgio Caproni il film Terraferma di Emanuele Crialese. Poesia visiva, dove ogni inquadratura è un dipinto dai tratti essenziali e genuini, come la terra che rappresenta.

Ogni personaggio è delicato stereotipo, così ben interpretato da far dimenticare di assistere alla visione di un film. In quest'isola siciliana, così piccola da non comparire nemmeno sull'atlante, tutto sembra immutato, tutto sembra più autentico. La vita è ciclica secondo le leggi del mare e dei viaggiatori (uno choc il passaggio all'estate con il tanto atteso arrivo dei traghetti colmi di turisti), e sembra non avere nulla a che fare con il mondo che noi tutti conosciamo. Ce ne accorgiamo vedendo accostati i giovani turisti al coetaneo Filippo, che desiste ai richiami di un mondo globalizzato e globalizzante, e sogna di vivere l'intera vita sull'isola continuando il lavoro dei padri. Giulietta (Donatella Finocchiaro) è una donna che incarna quella leggendaria bellezza siciliana, eternamente malinconica, nutrita da sacrifici e devozione; ma è anche una donna libera desiderosa di ribaltare il proprio destino: sogna di vivere a Trapani, di cambiare vita e trovare un nuovo compagno.

Un mondo lontano anni luce dalla nostra caotica routine: lontano anche dalla disperazione dei migranti, giunti sull'isola tra paure e speranze. Gli isolani di Crialese sono traghettatori di due mondi. Sì, ne esistono due, ci dice il regista italo-americano. Siamo in una sorta di purgatorio nemmeno troppo figurato, che divide il nord e il sud (del pianeta), la legge e l'istinto, la ragione e i sentimenti. La scelta morale è il fulcro, ma sapientemente celata dalla perpetua ricerca estetica e dalla sottile indagine psicologica, giocata nella dialettica degli opposti.

Dopo il precedente Nuovomondo non si può che domandarsi se le similitudini siano cifre stilistiche o qualcosa di più: Sicilia, mare e oceani sconfinati, arrivi e partenze, disperazione, ricerca di un mondo migliore. A inizio novecento eravamo noi a fuggire nel Nuovo Mondo, Ellis Island era porto di anime, molto più di qualsiasi isola siciliana di oggi. Ieri eravamo noi, oggi loro. Il toccante incontro fra Giulietta e la donna clandestina, ricorda quello che troppo spesso dimentichiamo: potremmo essere noi. Chi accusa il film di avere romanzato un problema di un'attualità sconcertante eccede in cinismo. La morale è qualcosa di cui l'uomo si nutre dall'alba dei tempi, proprio perché nel caos degli eventi, e questo vale oggi più che mai, si ha bisogno di ritrovare i significati profondi e i valori universali. Se poi la si adorna di bagni di latte candido o di blu profondo, si compie fino in fondo la vera magia del cinema.